A proposito di peccati capitali...

di Antonio Angioni

Quello delle diseguaglianze è ormai diventato un tema di confronto ricorrente non solo nelle sedi istituzionali; sta caratterizzando, infatti, il dibattito nei vari paesi (anche in forme violente se si pensa a quanto sta capitando da diversi sabati in Francia) sin da quando la diseguaglianza, per dirla con J.Stiglitz, è divenuta globale. Da un punto di vista economico rimane di particolare interesse l’interpretazione offerta nella sezione “The structure of inequality” offerta da T.Picketty nel suo “Capital in the Twenty-firsy Century” ma esistono forme emergenti di diseguaglianza che non fanno ancora notizia ma sulle quali sarebbe opportuno riflettere per individuare un’adeguata strategia.

Lontano dai clamori in molte imprese, soprattutto in quelle esposte (e capaci di reagire) alla competizione internazionale, si sta sviluppando un radicale processo di trasformazione. Grazie alle opportunità offerte dalle nuove tecnologie la produzione e le vendite si stanno sofisticando sempre di più dando vita a servizi knowledge intensive. E’ in corso un ridisegno del sistema, risulta favorito chi riesce a stare nel loop mentre aumentano le distanze con chi non sa stare al passo. Più specificatamente la geometria cloud/applicazioni stimola la progettazione di prodotti e servizi innovativi. La relazione fra sensoristica e big data sta facendo emergere tecniche predittive in relazione sia ai mercati sia alla funzionalità delle macchine produttive e degli altri strumenti tecnici.

La diffusione di algoritmi , il machine learning, l’I.o.T stanno abbattendo i costi dell’innovazione ed aumentando la reattività e l’adattività delle imprese , con riduzione degli sprechi e produzioni di tipo sartoriale. Il passaggio dal B2C al C2B porta a ridisegnare i processi attorno ai clienti imponendo alle aziende di: smontare i feudi interni, coinvolgere tutto il personale, costruire una forte governance interna sui processi dati in outsourcing. L’attenzione, o meglio, l’approccio luddista sulla presunta sostituzione tecnologica delle persone sta distogliendo invece il focus da quella che è la vera sfida dei nostri giorni e dei prossimi anni, sfida che in Germania, partita dieci anni fa, è già stata superata, ossia: l’up-skilling e il re-skilling delle risorse.

Il reperimento di nuove risorse (meno costose e più adeguate) spesso intrapreso in passato dopo ristrutturazioni finanziate da un generoso welfare, non è più percorribile, come confermato dai dati del rapporto Excelsior 2018 secondo il quale le imprese faticano a trovare il personale per un posto di lavoro su quattro. In particolare nelle assunzioni under 30 nel 28% dei casi le imprese non trovano le figure professionali richieste, contro il 26% medio che riguarda tutte le fasce di età. Questo sta spingendo molte imprese ad intraprendere processi di cambiamento e di ri-centraggio culturale e delle competenze.

Il processo in corso, però, non mette al riparo dal rischio di obsolescenza che sta cominciando a riguardare fasce crescenti di persone, soprattutto quelle che per forza di inerzia non sentono la necessità di aggiornarsi e di cogliere le opportunità per uno sviluppo formativo. È una nuova forma di diseguaglianza che sta emergendo, che richiede risposte adeguate e sistemiche anziché vecchie ricette, tornate alla ribalta in queste settimane, legate a visioni arcadiche di chi del sistema produttivo e delle imprese mostra di conoscere ben poco e quel poco per giunta anche datato.

9 ottobre 2018 – Business International – HR Director Montly